Quale rapporto tra turismo e Memoria, tra turismo e Sacro

Il turismo a Napoli è certamente una grande risorsa da consolidare e sviluppare, ma, come sempre accade con il nuovo, pone interrogativi e chiama a scelte politiche che costruiscono l’identità di una comunità

In queste ultime settimane piccoli episodi hanno messo in evidenza una questione rilevante: quale rapporto si sta creando tra turismo e memoria e tra turismo e sacro.

Ho visto la mostra sulla persecuzione degli ebrei in Italia nel salone della Camera di Commercio. Ancora una volta mi sono emozionato e interrogato su come sia stato possibile un simile orrore. Mi sono tornate in mente le polemiche aspre sui selfie ed e in generale sulle modalità con cui vengono fatte le visite guidate ad Auschwitz. C’è il pericolo che diventi la visita ad uno dei tanti luoghi del dark tourism, oggi così di moda, e non sull’orrore e soprattutto sulle cause che lo hanno determinato, annullando così le responsabilità su secoli di razzismo dell’Occidente e in Occidente.

Nei giorni scorsi un intervento di Gennaro Matino su Repubblica ha affrontato il tema del rapporto tra fede e folclore. Posta così è una questione datata e cristallizzata in scontri e dibattiti del secolo scorso sul popolare. A me sembra che il rapporto sia oggi tra turismo e sacro. E cioè possono gli allestimenti museali e le visite guidate, per esempio, al cimitero delle Fontanelle eliminare un sacro che anche a Napoli è ricerca di spiritualità e di speranza? Si può ridurre il luogo a testimonianza della superstizione e del paganesimo del popolo napoletano perché questo richiede il dark tourism?

Non meno interessante è stata la presentazione della ricerca di Antonio Borrelli su memoria collettiva e festa della Madonna della Neve a Ponticelli. Qui in un provocatorio e brillante intervento Valerio Petrarca, docente di antropologia culturale alla Federico II, ha così sintetizzato la questione: su questa strada tanto vale affidare i luoghi di culto e la memoria collettiva all’Azienda Autonoma del Turismo.