Puntata n. 12
LA FARFALLA E LE ORECCHIE DEL “MEMENTO MORI”
Nella puntata precedente abbiamo parlato della cultura del I secolo dopo Cristo, la cultura ellenistica, come di una cultura di transizione in cui convivono culture diverse; alcune tendono a scomparire, altre ad affermarsi, tutte sono aperte alla contaminazione. Due sono gli orientamenti culturali dominanti: quello epicureo e quello stoico.
Dopo questa premessa veniamo alla farfalla che, in genere, rappresenta l’anima, nell’antichità la psiche.
Nell’interpretazione tradizionale del mosaico è la parte immateriale dell’uomo condizionata dalla ruota, cioè dalla Fortuna, che può andare sia in direzione della povertà che della ricchezza.
Accanto a questa lettura di stampo epicureo, che abbiamo visto, nella puntata n. 10, caratterizzare la cena di Trimalcione, noi riteniamo giusto porre anche quella di stampo stoico, che è l’opposto di quella epicurea: l’anima che nel mosaico è posta sopra la ruota rappresenta un invito a vivere una vita che prescinda dalla fortuna, che caratterizza le vicende materiali della quotidianità.
Anche sulla interpretazione della presenza delle orecchie ci atteniamo all’insieme delle culture dell’epoca.
Plinio nella sua Naturalis Historia ci dice che nella parte bassa dell’orecchio era collocata la sede della memoria. La presenza delle orecchie è dunque un riferimento al “vissuto” del teschio, cioè al ricordo della vita che concretamente ogni individuo ha trascorso e che viene livellato dalla morte.
Ma l’orecchio è anche uno dei simboli del rapporto con il divino. Lo troviamo in tante religioni, dall’antico Egitto al buddismo. Anche per Plinio dietro l’orecchio dovevano essere deposte le richieste agli dei. È l’epoca in cui nel Mediterraneo avanza la cultura giudaico cristiana, che è una cultura dell’ascolto. Ascolto della Parola del Signore, invocazione del fedele: “ascoltaci Signore” o “porgi l’orecchio Signore”.
Foto: orecchie egiziane; un bronzo napoletano moderno della Dea Fortuna ad opera di P. Uccello.