La rappresentazione della morte a Napoli – Un saggio a puntate – n.15

Puntata n.15

La ricerca dell’immortalità nel Museo Archeologico di Napoli

2 La Bella Morte nell’Odissea

È nell’Odissea, il poema dell’uomo e non delle armi, che la prospettiva eroica della bella morte muta di segno. Quando Odisseo incontra Achille negli inferi, il figlio di Peleo non è più felice della sua scelta e preferirebbe essere l’ultimo degli schiavi di uno zotico infelice in un letamaio, ma vivo, piuttosto che Achille morto. La morte concede si gloria, ma anche l’anonimato a cui costringe l’essere vacue ombre. Gli antichi greci e romani, infatti, non credevano nella possibilità di una ricompensa dopo la morte: l’Aldilà era un luogo buio, a cui si accedeva necessariamente dopo la sepoltura e in cui ognuno permaneva per sempre, anche se in vita aveva compiuto grandi imprese. Le azioni eroiche contavano solo rispetto al ricordo che esse lasciavano tra i vivi. Consiste dunque in questo la “rivoluzione” cristiana, cioè nella creazione di un “oltretomba” molto più complesso, la cui legge fondante è quella “del contrappasso”: ad ogni azione corrisponde una posizione diversa all’interno dell’Aldilà.

Achille e Odisseo 1

Foto: Odisseo e Achille a Sciro, Museo Archeologico Nazionale di Napoli