La rappresentazione della morte a Napoli – un saggio a puntate -n.5

Puntata n.5

IL DARK NAPOLETANO:

Oggi in molti luoghi, in particolare in quelli di forte impatto turistico, la morte viene proposta secondo gli stereotipi che caratterizzano la religiosità napoletana, a volte quello magico, altre volte quello pagano e superstizioso. Quei tratti cioè che, uniti alla spontaneità e al colore dei ceti popolari, formano la cosiddetta napoletanità.
Noi con la nostra ricerca vogliamo andare oltre lo stereotipo che caratterizza il dibattito sul rapporto tra fede, paganesimo e superstizione, per cogliere i due tratti caratteristici del dark napoletano.
Il primo tratto viene dall’arco temporale di rappresentazione della morte che viene proposto: dal lago d’Averno, ritenuto da Virgilio l’ingresso nell’Ade, l’aldilà della civiltà greco romana, fino al Museo d’arte contemporanea con la sala dedicata alle “capuzzelle dietro lo specchio” di Rebecca Horn. Ciò è possibile grazie a due eventi: la scoperta di Pompei, che caratterizzò la storia delle arti figurative con la nascita dell’arte neoclassica e la decisione di Ferdinando I di trasferire a Napoli la collezione, di proprietà dei Borboni, che si trovava a Roma nel palazzo Farnese. Il Museo Archeologico presenta opere uniche fondanti i diversi aspetti che caratterizzano la rappresentazione della morte in Occidente: la bella morte, cioè la morte degli eroi, con le statue dell’Ercole Farnese e di Achille; il dolore per la perdita dell’altro con il bassorilievo di Orfeo ed Euridice; il “memento mori”, il “ricordati che devi morire” con il mosaico del teschio, caratterizzato dalla presenza dell’orecchio. Manca solo la buona morte, ma questo è un tema che verrà introdotto dal Cristianesimo.
Nella cosiddetta monumentomania dell’Ottocento a Napoli è forte il richiamo alle opere dell’antichità, al cimitero di Poggioreale, come al cimitero delle Fontanelle, ma a noi piace fare riferimento alla perdita dell’altro nel Monumento Vonwiller del cimitero acattolico napoletano che, richiamandosi esplicitamente al bassorilievo di Orfeo ed Euridice, esprime quella nostalgia dell’antico che caratterizza la morte romantica, molto sentita dalla cultura del nord Europa. Il confronto tra il monumento della famiglia di questi imprenditori svizzeri nella sezione acattolica del cimitero monumentale di Milano e quello del cimitero acattolico di Napoli evidenzia l’incidenza dell’antico nella rappresentazione della morte a Napoli.
Il secondo tratto caratterizzante la rappresentazione della morte a Napoli è che qui non ci sono siti inquietanti e leggende nere. I tratti tipici del dark: i toni scuri, le auree gotiche e le tematiche depressive sono estranei alla città. Il Thanatos tourism napoletano non è fatto di orrore e quindi qui non abbiamo le danze macabre, il trionfo della morte, il bestiario medievale e le cripte decorate con le ossa che caratterizzano la rappresentazione della morte in altre parti d’Italia e nel Nord d’Europa. Ovviamente anche qui ci sono stati episodi con queste caratteristiche, ma sono stati marginali e transitori. Si potrebbe ironicamente aggiungere ”che il napoletano sia più pagano e superstizioso di altri popoli è discutibile, ma sicuramente non ha bruciato streghe”.
A Napoli vi sono luoghi come il cimitero delle Fontanelle in cui il macabro sfuma in una moderna rappresentazione del mistero della morte intrisa di un’antica e spettacolare spiritualità, o come la basilica di Santa Maria della Sanità dove c’è una originale e suggestiva strutturazione del rapporto tra la cripta, il luogo della sepoltura e la chiesa.
E poi ci sono l’umanità e l’ironia. Come non ricordare le poesie sulla morte e sull’aldilà di Totò, di Eduardo De Filippo e di Salvatore Di Giacomo o leggende come quella del Monaciello.

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Foto: Cimitero delle Fontanelle – Chiesa alla Sanità – Monumento Vonwiller